Battista da Varano, mistica e umanista

Silvia Serventi
― 17 Settembre 2024

Battista da Varano (1458-1524) è una monaca e un’umanista di cui ricorre nel 2024 il quinto centenario dalla morte. Figlia del signore di Camerino, la giovane Camilla ˗ così si chiamava prima della professione religiosa ˗, dopo un lungo travaglio interiore raccontato nella sua autobiografia, nel 1481 decise di lasciare la corte ed entrare nel vicino monastero di clarisse ad Urbino finché, tre anni dopo, il padre le fece erigere un monastero nella sua città natale. Da qui si allontanò solo per breve tempo nel 1502 quando Cesare Borgia, il duca Valentino, aveva fatto uccidere suo padre e tre dei suoi fratelli per impossessarsi della signoria del piccolo centro marchigiano.


Battista occupa un posto singolare tra le scrittrici mistiche italiane, in quanto si colloca tra l’Osservanza francescana e l’Umanesimo da un lato, e l’avvio della Riforma e del successivo controllo del fenomeno mistico da parte della Chiesa postridentina dall’altro. Diversamente da altre donne che scrissero per imposizione dei direttori spirituali, Battista sceglie di scrivere e diviene a sua volta guida spirituale. Le opere per cui finora era soprattutto conosciuta sono la Vita spirituale, una delle prime autobiografie della letteratura italiana, e i Dolori mentali di Gesù nella sua Passione, anche questo uno scritto di grande modernità. Più recentemente s ono state valorizzate altre due opere, sempre in volgare, dalle quali emerge una Battista che si fa biografa e maestra di altri religiosi: rispettivamente il Felice transito del beato Pietro da Mogliano pubblicato nel 2007 per le cure di Adriano Gattucci e le Istruzioni al discepolo edito nel 2017 da Massimo Reschiglian.

A questo studioso si deve inoltre il ritrovamento di un manoscritto nella Biblioteca Universitaria di Padova con la versione latina del Trattato della purità del cuore, ritenuto fino ad allora l’ultima opera di Battista, scritta all’incirca in contemporanea all’Epistola a Giovanni da Fano, datata 1521, e indirizzata allo stesso destinatario. In realtà il trattatofu scritto molto prima, probabilmente tra il 1499 e il 1501 e, almeno la versione latina, fu realizzata per un certo frate Mauro dell’Ordine olivetano.

La storia redazionale di quest’opera è divenuta in seguito ancora più complessa dopo che Claudia Benvestito, sempre nel 2009, rinvenne nella Biblioteca Civica Berio di Genova un altro testimone volgare dell’opera, con un testo più vicino alla versione latina rispetto a quello trasmesso dagli altri tre manoscritti del XVII e XVIII secolo fino allora noti. Tale redazione è stata pubblicata per le mie cure nel 2019 a fianco del testo latino, ma è solo in questa nuova edizione che il De puritate cordis viene messo pienamente in risalto: non solo infatti il testo latino è stato rivisto e tradotto, ma l’introduzione e il commento lo fanno dialogare con l’epistola latina a Giovanni da Fano e soprattutto con le altre opere che l’autrice scrisse in volgare, tutte edite nella ricca appendice curata da Antonella Dejure, Andrea Maiarelli e Massimo Reschiglian. Il volume, aperto dalla prefazione di Pietro Messa che ne ha promosso e seguito l’elaborazione, contiene dunque l’opera omnia di Battista da Varano e permette di conoscere a fondo questa straordinaria scrittrice mistica del Rinascimento.

Mi soffermo infine sulla bella immagine scelta per la copertina.

Dal 2010, anno della sua canonizzazione, si sono moltiplicate le iniziative per valorizzare la figura della clarissa marchigiana e nel 2011 è stato ritrovato nella chiesa del Castello dei Varano di Appennino (Comune di Pieve Torina in provincia di Macerata) un affresco che la rappresenta in modo inedito: la clarissa rivolge lo sguardo verso l’osservatore e tiene in mano un cartiglio dove si legge il versetto 12 del salmo 29 «Convertisti planctum meum in gaudium michi». La citazione riassume bene la spiritualità di Battista che proprio grazie al voto di versare ogni venerdì almeno una lacrima pensando alla Passione di Cristo era entrata in monastero e, una volta divenuta religiosa, aveva sentito che tutto il dolore provato si convertiva nella gioia dell’unione con Dio. L’affresco, già in cattivo stato di conservazione al momento del ritrovamento, dopo il terremoto del 2016 è stato ulteriormente danneggiato. La stessa sorte è toccata al monastero di Santa Chiara, collocato nel centro storico di Camerino e ancora abitato dalle clarisse che l’hanno dovuto temporaneamente lasciare. A loro, che hanno seguito con tanto interesse tutti gli studi dedicati a santa Battista, è dedicato il presente volume.


Silvia Serventi, allieva di Carlo Delcorno, fa parte del comitato scientifico della «Rivista di letteratura religiosa italiana» e collabora con l’Istituto Storico Italiano per il Medioevo al progetto di edizione delle lettere di Caterina da Siena. Insegna al liceo e si occupa di letteratura religiosa del tardo Medioevo e della prima età moderna. In particolare ha curato le Epistole di Girolamo da Siena (Venezia 2004), l’Avventuale fiorentino 1304 di Giordano da Pisa (Bologna 2006), le Laudi del Bianco da Siena (Roma 2013) e, insieme ad altri, il primo volume dell’Epistolario di Caterina da Siena (Roma 2023). Alle Clarisse ha dedicato diversi saggi e due edizioni critiche: Laudi, trattati e lettere di Caterina Vigri (Firenze 2000) e il Trattato della purità del cuore di Battista da Varano (Firenze 2019).


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